Pierluigi
Bersani e Vincenzo Visco. Sono loro ad aver creato l’Equitalia che oggi
stritola aziende, imprenditori, pensionati, lavoratori dipendenti,
insomma chiunque finisca nel perverso ingranaggio della società
incaricata della riscossione dei tributi per conto dello Stato. In
questi ultimi anni si sono più volte levate voci di protesta, peraltro
inascoltate: “usura di Stato”, “strozzinaggio legalizzato” le accuse più
tenere mosse da chi ha avuto la sventura di finire nel mirino delle
“cartelle assassine”.
Equitalia, come si sa, è una società pubblica, posseduta per il 51%
dall’Agenzia delle Entrate e per il 49% dall’Inps. Prima del 2007 si
chiamava Riscossione s.p.a., resa pubblica in seguito al decreto legge
n. 203 del 30 settembre 2005, convertita nella legge 248 del 2 dicembre
2005. Un provvedimento del governo di centro-destra allora in carica, da
lì la leggenda metropolitana secondo cui Equitalia sarebbe stata
un’invenzione di Berlusconi. In realtà non è stato inventato un bel
nulla: Riscossione s.p.a. già esisteva, già si occupava di riscuotere
tributi per conto dello Stato, era però affidata in concessione a
privati, prevalentemente banche. Con l’articolo 3 del dl 203/2005,
Riscossione s.p.a. è tornata semplicemente in mani pubbliche.
Ad “armare” Equitalia è stato il successivo governo Prodi, che
con il decreto Bersani-Visco ha di fatto autorizzato la società di
riscossione a utilizzare dati sensibili quali quelli dei conti correnti
bancari. Nello stesso decreto è stata inoltre obbligata la tracciabilità dei compensi.
Una sorta di “Stato di polizia tributaria”, che ha causato l’escalation di cartelle impazzite.
Il decreto cui facciamo riferimento è il dl n. 223 del 4 luglio 2006,
“Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il
contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché
interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale”,
ribattezzato Bersani-Visco (dai nomi rispettivamente del ministro e
viceministro allo sviluppo economico allora in carica), convertito nella
legge numero 248 del 4 agosto 2006 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale
l’11 agosto 2006.
Vediamo nel dettaglio gli articoli che ci interessano:
25. I dipendenti della Riscossione s.p.a. o delle società
dalla stessa partecipate ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del
decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni,
dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, di seguito denominate «agenti della
riscossione», ai soli fini della riscossione mediante ruolo e previa
autorizzazione rilasciata dai direttori generali degli agenti della
riscossione, possono utilizzare i dati di cui l’Agenzia delle entrate
dispone ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 605.
26. Ai medesimi fini previsti dal comma 25, gli agenti della
riscossione possono altresì accedere a tutti i restanti dati rilevanti,
presentando apposita richiesta, anche in via telematica, ai soggetti
pubblici o privati che li detengono, con facoltà di prendere visione e
di estrarre copia degli atti riguardanti i predetti dati, nonché di
ottenere, in carta libera, le relative certificazioni.
26-bis. Ai fini dell’attuazione dei commi 25 e 26 l’Agenzia delle
entrate individua in modo selettivo i dipendenti degli agenti della
riscossione che possono utilizzare ed accedere ai dati.
Piena autorizzazione ad accedere ai dati sensibili pur di riscuotere i
tributi. Non altrettanta tutela è stata garantita però ai cittadini
finiti nel mirino di Equitalia, che spesso non hanno le conoscenze
legislative necessarie per potersi difendere dai soprusi dell’ente di
riscossione. Né si accorgono quando Equitalia commette errori talvolta
“contra legem”. A questo proposito è da segnalare la nascita dello
sportello “Sos debiti: difenditi da Equitalia” su iniziativa
dell’associazione ”Codici-centro per i diritti del cittadino”.
I risultati sono pubblicati in un
esaustivo ed eloquente dossier che
riporta dati su cui vale la pena soffermarsi: tra gennaio ed aprile
2012, ad esempio, le richieste di aiuto presso lo sportello sono
aumentate del 53% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E
gli errori di Equitalia sarebbero di ogni tipo. Ad esempio, come
riportato sul dossier elaborato da Codici:
1) In tutte le cartelle Equitalia viene riportata solo la cifra
globale degli interessi dovuti, senza indicare come si è arrivati a tale
calcolo, non specificando le singole aliquote prese a base delle varie
annualità rendendo il computo degli interessi criptico e non
comprensibile. Per tale ragionamento la cartella esattoriale,
deve contenere a pena di nullità il calcolo degli interessi per consentire una corretta verifica del contribuente delle somme richieste. (
Corte di cassazione, sez. Tributaria, 21 marzo 2012, n. 4512)
2) In merito agli
interessi di mora, Equitalia ha in tutti questi anni applicato gli stessi
anziché solo sulla sorta capitale, anche su interessi, sanzioni e spese, provocando inevitabilmente il fenomeno anatocistico vietato dalla legge.
Altri rilievi rilevati sull’operato di Equitalia in base alle richieste di aiuto pervenute allo sportello:
-Nullità per difetto di motivazione del ruolo e della cartella di
pagamento: numerose pronunce di legittimità hanno evidenziato che la
cartella deve essere motivata in modo esaustivo e comprensibile da un
non tecnico.
-Decadenza dal potere di riscossione per decorrenza dei termini all’uopo previsti- art. 25 D.P.R. n° 602/73.
-Eventi successivi che hanno determinato l’estinzione del credito: la
ferraginosità dell’apparato burocratico-amministrativo messo in piedi
da Equitalia fa sì che non di rado la riscossione parta senza che si sia
preso atto dell’estinzione del diritto.
-Mancato invio dell’avviso bonario in relazione alle cartelle emesse a
seguito di liquidazione per controlli formali e sostanziali delle
dichiarazioni –
artt. 36 bis e ter D.P.R. n° 602/73 e
54 bis D.P.R. n° 633/72.
-Non corretta identificazione del debitore.
-Omessa notifica dell’atto prodromico alla cartella:
-Illegittimità della riscossione in caso di annullamento dell’atto impositivo già avvenuto in via giudiziaria (vedi punto “3”).
-Errori di calcolo: irregolarità della cartella: entità delle somme
aggiuntive portate in cartella senza alcuna indicazione della normativa
di riferimento applicata.
-Irregolarità nella notifica della cartella stessa: notifica della
cartella di pagamento in assenza della preventiva notifica del verbale
di accertamento produce nullità. Così come è nulla l’intimazione di
pagamento o l’avviso di mora per mancata notifica della cartella di
pagamento. Su questo punto la giurisprudenza è in costante evoluzione ma
quasi sempre dopo un’apertura nei confronti del contribuente segue un
aggiustamento più restrittivo.
-Mancata indicazione del responsabile del procedimento di emissione
del ruolo e di notifica della cartella – solo per quelle emesse a
seguito del 1 giugno 2008.
-Sanzione pagata.
-Cartella di pagamento riferita ad un verbale il cui credito risulta prescritto.
Mentre Bersani e Visco, ministro e vice-ministro del governo Prodi,
armavano Equitalia contro contribuenti e classe produttiva, gli italiani
si sono trovati del tutto impreparati a fronteggiare le angherie del
nuovo sistema di riscossione.
Ora Pier Luigi Bersani sarà candidato premier alle prossime elezioni. Gli elettori si ricordino di Equitalia, prima di votarlo.
Riportiamo anche qui il
dossier
pubblicato da Codici, che contiene consigli utili per difendersi da
Equitalia e da eventuali illegalità commesse dall’ente di riscossione2.