lunedì 14 marzo 2011

A CHE PUNTO SIAMO di ( Giulio Cicirelli

“Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani” (Cavour) Ora a che punto siamo? Al GAM (Galleria civica d’arte moderna e contemporanea) di Torino, il terzo polo ha iniziato la campagna elettorale per le elezioni amministrative comunali 2011, non a caso Torino, che è stata la prima capitale d’Italia. In questo luogo dove scienza, tecnologia e industria, si sono incontrate verso il progresso che da qui trae la sua origine lo sviluppo italiano. Oggi, in uno scenario diverso, il governo si ostina a tagliare i fondi alla cultura e alla ricerca pensando di poter risolvere i problemi di un Paese, dove la crescita economica e l’occupazione stagnano. La ricerca, l’innovazione, la cultura portano benefici nel lungo periodo, permettendo ai giovani di poter esprimere le idee, la creatività e lo sviluppo sociale per migliorare il nostro Paese. A pochi giorni dal 150° anniversario dell’unità d’Italia, m’immedesimo in quei giovani che hanno creduto alla nascita di questa Nazione e sono morti per questo ideale; in un’Europa che si avviava al progresso industriale estendendo la propria influenza verso terre lontane. Nella Penisola invece nascevano circoli e associazioni d’intellettuali borghesi con idee liberali e illuministiche, che si sono diffuse con la Rivoluzione Francese. Questi giovani risorgimentali avvertivano un grande senso dell’Unità, che fosse tramandato anche ai posteri, affinché potessero costruire uno Stato dove manifestare ogni pensiero, parola, talento e genio. L’Italia è unica sia per la sua storia che per la conformazione geografica. Un Paese di santi, poeti e navigatori che ha visto calcare il suolo dalle calighe dei romani alla nascita della società occidentale. Non ci può essere nessuna divisione “dall’Alpi alla Sicilia”, perché ogni regione, provincia e comune ha propri usi e costumi che si trasmettono in un’ottica di arricchimento reciproco che rende unica l’Italia. Una realtà non monocroma, ma impreziosita da mille sfaccettature e culture. Oggi, tra le nuove generazioni regnano rassegnazione e indifferenza. La voce dei giovani è spesso ignorata, estromessa dalle barricate della politica dall’interesse privato. Purtroppo, si dà, forse, troppo risalto alla politica dell’immagine! Si fa politica solo se si è di bell’aspetto, curato e fotogenico! Ma questo pone in secondo piano le qualità e le competenze di una persona. Un altro importante quesito è: Quale futuro si prospetta per i giovani e le generazioni future? Le risposte a questa domanda non sono promettenti. Infatti, dovrebbe essere uno tra i punti centrali del dibattito politico la disoccupazione giovanile. Molte aziende, di interesse nazionale, cessano le loro attività produttive in Italia, preferendo paesi a basso costo di manodopera o ad alta flessibilità contrattuale. Quale futuro ha un giovane che si affaccia al mondo del lavoro? Ha poche prospettive, che producono incertezza del proprio futuro nel costruire una famiglia con prole, rappresentando un Paese che fatica a crescere. Vogliamo che il 17 marzo sia il giorno della memoria di coloro che hanno creduto in questo progetto unitario. E’ bene che tutti i giovani, si impegnino al fine di salvaguardare i principi e gli ideali che hanno permesso la nascita e il successivo sviluppo del nostro Paese. Questo potrà avvenire amministrando, il volere di una parte dell’opinione pubblica, che spinge per una un autonomia locale e regionale diverso rispetto alla progetto iniziale che fu di Cattaneo. Bisogna tenere presente l’idea di un federalismo dal volto umano volto all’unione e alla cooperazione. Tale giorno dovrà rappresentare l’Italia come un'unica grande regione, provincia o città, affinché essere ITALIANI sia un orgoglio. La grande sfida che ci attende è quello di essere ITALIANI, non solo il giorno dell’anniversario, ma ogni giorno. Siamo pronti per questo? Giulio Cicirelli

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